The Hateful Eight

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Chiara293
view post Posted on 7/2/2016, 14:22




The Hateful Eight
L’ottavo film di Quentin Tarantino

Avventurandosi per il sentiero già battuto da Django Unchained, The Hateful Eight racconta le vicende di un cacciatore di taglie, John Ruth (Kurt Russell) e di altri sette individui, costretti apparentemente per caso da una bufera di neve a convivere in un rifugio da qualche parte nel Wyoming. In realtà, nulla è lasciato al destino, ma orchestrato con abilità da alcuni di loro, in combutta con la criminale catturata da John.
Giunta al cinema sabato 6 febbraio, appena dopo due giorni l’uscita del film, pensavo che avrei trovato la sala piena e che con difficoltà avrei conquistato un biglietto. Devo ammettere che sono rimasta stupita nel trovare un terzo dei posti a sedere libero. Ad ogni modo, la durata della pellicola è notevole: parliamo di tre ore e sette minuti. Io personalmente mi annoio con grande facilità e temevo, pur confidando nel genio di Tarantino, che avrei perso il filo, se la trama si fosse sviluppata con lentezza. All’inizio è stato così: per la prima ora e dieci, che fungeva assolutamente d’introduzione agli otto personaggi, ho fatto fatica a seguire con attenzione, anche perché i dialoghi si sono dimostrati estremamente lunghi, particolareggiati e ripetitivi (“Fissa la porta con i chiodi! Servono due pezzi di legno!”, ripetuto a chiunque entrasse nel rifugio).
Ma la svolta si ha quando uno dei personaggi, il maggiore Warren (Samuel L. Jackson), si accorge che c’è qualcosa che non va al rifugio, che le identità dei compagni diventano sempre meno evidenti. La tensione sale piano piano e culmina in un primo omicidio, che segna il confine pulp del film. Da lì in poi succederà veramente di tutto, secondo il noto gusto di Tarantino: vomito zuppo di sangue, braccia amputate, teste saltate, genitali recisi, curati nel minimo dettaglio. Ma il film non si esaurisce in questo, anzi: viene svelata una complessa trama alla base, la cui spiegazione è anche aiutata dalla divisione in capitoli e dalla voce di un narratore esterno. Il finale lascia in bocca quella sensazione particolare, per cui tutto appare essersi risolto per il meglio, seppur ad un prezzo alto, e lascia intendere la soddisfazione dei vincitori nell’infierire crudelmente un’ultima volta sul nemico (come accade in Bastardi senza gloria, quando il tenente Aldo Raine incide sulla fronte del nazista Hans Landa una svastica, benché in realtà questi fosse passato dalla sua parte).
Nel complesso mi è piaciuto veramente molto e lo consiglio, ma non lasciatevi intimidire dall’incipit vagamente zoppicante, se come me, per quanto riguarda il mondo del grande schermo, siete persone narcolettiche.
 
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